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UGUALI DAVANTI ALLA MORTE, NON DAVANTI ALLA STORIA

Dopo aver commemorato LA GIORNATA DELLA MEMORIA e IL GIORNO DEL RICORDO, la domanda dello studente è arrivata come un sasso nello stagno: la memoria storica può comportare il riconoscimento di valori comuni fra chi diede la vita per un’ideale e chi comunque credette di dare la vita per un altro ideale? LA RISPOSTA è stata la seguente: possiamo interrogarci non sulle ragioni, ma sulle motivazioni di chi scelse, di stare da una parte o dall’altra parte della barricata. Rispondere a queste motivazioni significa trovare una spiegazione storica, non una giustificazione. Mi spiego meglio: a quasi ottanta anni di distanza dalla fine della seconda guerra mondiale guardiamo con sentimento di cristiana pietà a tutti i morti. Di fronte alla morte, il giudizio si interrompe! La morte rende tutti uguali! Ma fermo e dirimente rimane il giudizio sulle vite consumate. TUTTI UGUALI DAVANTI ALLA MORTE, NON DAVANTI ALLA STORIA, scrisse ITALO CALVINO. Quando parliamo di seconda Guerra mondiale, questa storia riguarda tutti gli italiani ma – direi – anche tutti gli europei. È una storia che non può essere né ignorata né manipolata. C’è una distanza siderale tra chi ha restituito il mondo alla libertà e alla democrazia e chi propugnò la cosiddetta civiltà dei lager e della razza superiore. È incontestabile, allora, che la Germania nazista e l’Italia fascista, scatenando la seconda Guerra mondiale, si macchiarono della responsabilità di causare all’umanità OLTRE 50 MILIONI DI MORTI, la metà dei quali, circa 25 milioni, civili. LA VICENDA DELLE FOIBE È STATA, SICURAMENTE, UNA GRANDE TRAGEDIA e nessuno può giustificare le atrocità di TITO contro gli italiani. La storia qui ci ricorda però che nelle zone della frontiera orientale, nelle terre istriane e dalmate, per secoli italiani e slavi hanno vissuto in pace, senza violenza alcuna. A rompere questo equilibrio, A INNESCARE LA SPIRALE D’ODIO è stato il nazionalismo fascista, che introdusse ogni sorta di violenza. La spirale d’odio fu innescata dal discorso di MUSSOLINI a Pola, già nel 1920: di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica dello zuccherino, ma quella del bastone. All’avvento del fascismo seguì una politica di snazionalizzazione nei confronti di oltre mezzo milione di slavi incorporati nel Regno d’Italia dopo la prima Guerra mondiale. Il fascismo proibì a queste popolazioni di parlare la loro lingua; si chiusero le loro scuole, si sciolsero le loro organizzazioni culturali, si bruciarono le loro sedi. Naturalmente tutto questo non potrà mai giustificare la tragica vicenda delle foibe e dell’esodo italiano dalle terre istriano-dalmate. Sarebbe come giustificare la legge del taglione. Quindi – e concludo – la memoria storica va sottratta alla strumentalizzazione. La forza di una Nazione come la nostra e dell’intera Europa, sta proprio nella sua memoria storica, non come eredità di un odio e di una vendetta, ma come memoria costitutiva della sua vita civile e politica dove non c’è posto per l’estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.

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