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CLAUDIA E GLI INSEGNANTI

CLAUDIA, giovane madre di un bambino di 6 anni, incontrando un suo vecchio professore dell’Istituto Magistrale “E. Pestalozzi” ebbe a confessargli di essere preoccupata per l’iscrizione al prossimo anno scolastico di suo figlio nella scuola primaria. “Come sarà accolto? –domandò GIULIA – Quali insegnanti troverà?” Il vecchio professore le rispose: “Vedi, CLAUDIA, pensando ad una classe di piccoli alunni mi viene in mente un ragionamento dello scrittore e professore DANIEL PENNAC: “Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, ma è come un’orchestra e l’insegnante non può ignorare le differenze esistenti tra gli “strumenti” ma deve saperle cogliere e trarne il meglio per la buona riuscita della “sinfonia”. OGNI BAMBINO È UNICO E L’INSEGNANTE DEVE VALORIZZARE LA SUA UNICITÀ. A scuola il bambino deve avere la possibilità di mettere in pratica le proprie capacità e qualità, solo così potrà sentirsi parte di quell’orchestra di cui parla PENNAC. Il vero nemico dell’insegnante è la tendenza al riciclo e alla riproduzione di un sapere sempre uguale a se stesso. Adagiarsi sul già fatto, sul già detto, sul già visto, può condizionare mortalmente questo mestiere. Ridurre l’amore per il sapere a pura routine. A quel punto non c’è più trasmissione di una conoscenza viva ma burocrazia intellettuale, parassitismo, conformismo. Un sapere di questo genere può generare una vera e propria anoressia intellettuale. Come sostiene lo psicanalista MASSIMO RECALCATI la parola “insegnare” significa lasciare il segno nella mente e nel cuore, lasciare un’impronta dentro l’alunno, segnarlo dentro. Bisogna sottolineare che, oggi, il mestiere dell’insegnante è diventato un lavoro di frontiera: supplisce a famiglie inesistenti, deve rompere la tendenza all’isolamento inebetito di molti ragazzi sedotti dal mondo degli oggetti tecnologici, dalla televisione, dal web, dai rapporti virtuali nei social. Eppure la scuola continua ad essere fatta di ore di lezione che possono essere avventure, esperienze intellettuali ed emotive profonde”. “Cara CLAUDIA” – concluse il vecchio professore – sempre lo stesso RECALCATI si è fatto spesso questa domanda: Chi sono gli insegnanti che non abbiamo mai dimenticato? La sua risposta – da condividere – è la seguente: “Sono quelli che hanno saputo incarnare un sapere, sono quelli che ricordiamo non tanto per ciò che ci hanno insegnato ma per come ce lo hanno insegnato. Sono quelli che sono stati per noi uno “stile”. Personalmente ricordo la voce, il timbro, l’intercalare, le pause, puntuali, precise del mio insegnante d’italiano. Un insegnante deve trasmettere emozioni, passioni, non solo nozioni. Altrimenti, meglio sostituire il docente col computer. Ti saluto e…in bocca al lupo!”.

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