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CON PAPA FRANCESCO IN MIANMAN

Il recentissimo viaggio di PAPA FRANCESCO in Mianman mi ha fatto ripensare alla mia personale esperienza di viaggio, di solo due anni fa, in quegli stessi luoghi che un tempo si identificavano come Birmania. Luoghi incantevoli, di una bellezza incontaminata e con un popolo che non esagero, se lo definisco “il popolo del sorriso”, che colpisce per la serenità emanata dal viso.Il paese comprende 135 etnie diverse, in conflitto soprattutto negli ultimi anni e dispone di notevoli risorse naturali, gas, petrolio, oro, risorse idriche, ma la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi. Diverso è lo stile di vita fra la capitale Yangon e i villaggi sperduti nella lussureggiante vegetazione dell’interno del paese dove la povertà è estrema, dove le case sono palafitte o semplici rifugi di legno. Agricoltura, pastorizia e pesca sono le risorse per chi vive una povertà “dignitosa”, che adotta ancora il sistema della collaborazione “del buon vicinato” nel lavoro dei campi e nella pesca.Il territorio è disseminato di templi buddisti, alcuni di notevole bellezza, nei quali si entra rigorosamente scalzi. Mi sono chiesta:noi abbiamo lo stesso rispetto per le nostre Chiese, per i nostri luoghi di culto?Il confronto fa pensare!La compostezza della preghiera del popolo era edificante e molti facevano scorrere fra le mani quella loro lunga corona, simile alla nostra corona del Rosario. Notevole era la presenza deigiovani nei templi, dove il monachesimo buddista offre ai ragazzi poveri dei villaggi, la possibilità di studiare. La frugalità dei loro pasti el’accontentarsi “di una semplice ciotola di riso”non li mette nella condizione di soffrire delle note patologie del mondo occidentale, legate alla super-alimentazione: in quel paese non c’è obesità. Nelle strade, il potere forte dei generali non disturbava ma si notava, come si percepiva a “pelle” l’amore di questo popolo per colei che ha avviato il paese verso la democrazia: la“Signora” come tutti la chiamano, cioèAUNG SAN SUU KYI.   E’ un popolo che ha sete di pace e di giustizia, come del resto il popolo del Bangladesh, l’altra tappa del viaggio di FRANCESCO.Per tutto il mondo, che ha vissuto e vive pesantemente le conseguenze delle guerre di religione, il viaggio di FRANCESCO conferma il valore della “diversità e della pace”come risorsa per una umanità nuova. “Il mondo è come un giardino dove ci sono tanti fiori. Ogni fiore ha un colore diverso ma in ogni sua diversità e sfumatura è contenuta una bellezza infinita: per vivere la pace, dobbiamo imparare a guardare il dono di bellezza insito in ogni religione”.Così ha fatto eco alle parole di FRANCESCO, il monaco buddista ASHIN PYIN NYAW BHA THA.Vivremo fra pocol’evento del Natale ma sarà poca cosa se, stimolati anche dai viaggi del Papa, non apriamo gli occhi e il cuore attivando un amore inclusivo, espressione di quella Immensità alla quale siamo tutti chiamati.

prof.ssaCONCETTA PACENTRA

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